Nasce a Merano, in Alto Adige il 15 agosto 1934, una piccola città tra le montagne, paessaggio a cui è profondamente legata. Trasferitasi a Roma all'età di due anni, vi farà spesso ritorno. La passione per la montagna, e l'amore per il territorio natale si rivela nelle sue opere.
”Sono nata a Merano nel lontano 1934 e fino a due anni ho vissuto da una balia a Caldaro, poi sono approdata a Roma.La mia prima lingua è stato il tedesco. Ogni anno, per lunghe vacanze estive, con mia madre andavo a Malles, nella Val Venosta. Non ricordo molto della mia prima infanzia. Ero una bambina timida, imbranata e distratta con un grande amore per i gatti e la natura. Mi piacevano i boschi, i ruscelli, i piccoli orti, i fienili.
[…] ora le cose sono cambiate perchè io viaggio con fatica, e perché tornare nei luoghi dove si è stati felici non è mai consigliabile. Sono nell'età in cui si preferisce ricordare più che fare esperienza, perché il ricordo ha un incanto, una lontananza, una durata che la realtà non riesce a restituire. Non sono quindi tanto sicura di rivedere il mio amato Sud Tirolo ma lo disegno spesso, me lo prefiguro, lo ricostruisco.”
A Roma Marilù consegue la maturità classica, segue un corso triennale per pubblicitari. Riceve una borsa di studio dall'Accademia di Francia e più tardi si iscrive alla facoltà di Lettere e Filosofia, approfondendo la ricerca sulla percezione visiva, che sarà alla base sia del suo lavoro pittorico sia di quello fotografico. 
Insegna per vent'anni pittura nelle sezioni di custodia preventiva e negli Istituti di Osservazione per Minorenni. Pur avendo scelto la pittura come mezzo privilegiato d'espressione, Marilù Eustachio ha da sempre creato opere che cercano di riunire riuniscono una doppia vocazione: quella letteraria e quella relativa alle arti figurative. I suoi taccuini ad esempio, realizzati fin dall'infanzia, sono concepiti da Eustachio come un processo che permette di "fare un libro a mano, che si può arricchire con immagini e con scritti, con note e trascrizioni." Secondo lo storico dell'arte Peter Weiermair, Susan Sontag ha definito l'opera di Eustachio come "un raccogliere, accumulare, costruire e lasciar tracce". Marilù Eustachio si è cimentata anche con la fotografia, e in questo caso si è concentrata su nature morte e oggetti trovati.
Eustachio non ha mai voluto far parte di movimenti o gruppi, perseguendo in modo radicale un ideale di indipendenza e liberta’ tanto nel suo lavoro quanto, coerentemente, nella sua vita di artista.
Negli anni '60 è tra i fondatori del collettivo di giovani artisti, Il Girasole.
Dopo un lungo ciclo di studi monocromi sul ritratto (iniziato nel 1968), studi in cui l'immagine si è andata progressivamente rarefacendo, fino al limite della percezione, nel 74 cambia sia i procedimenti di lavoro sia i materiali e inizia una serie di quadri bianchi (garza su tela applicata a diversi strati con colla di coniglio) che si costituiscono come punto di congiunzione tra il lavoro precedente e quello attuale.
Nel 1985 ha dato inizio a una serie di studi sull'amore, molti dei quali dedicati a Emily Dickinson; lavoro poi confluito in un libro. Espone in diverse gallerie e musei in Italia. In particolare a Roma, per anni presso Galleria Giulia e La nuova Pesa, Mantiene sempre i rapporti con la sua patria, con diverse esposizioni alla Galleria il Sole e Spatia di Bolzano.
Dal 1986 i suoi taccuini nascono dall'amore per la lettura e per il libro, dal 1986 tiene anche una sorta di diari, i “taccuini”, in cui conserva schizzi ma anche testi e citazioni”.ad oggi ne ha realizzati circa 330. dove sentimenti intuizioni, esperienze si sintetizzano. Di formato, dimensioni e carte diverse, i taccuini, sono caratterizzati da una miscellanea di tecniche dove si alternano e si uniscono arti figurative e letteratura tenuti insieme dal filo rosso del metodo diaristico. Tra le opere e i taccuini vi è "un processo di osmosi continuo", i temi della pittura nascono e ritornano tra le pagine dei taccuini, che ne testimoniano i processi di studio e di elaborazione.
Presto il taccuino diventa "consuetudine irrinunciabile". La forma diaristica ha sempre accompagnato l'artista, fin dall'infanzia aveva l'abitudine di trascrivere su un quaderno poesie e brani di narrativa, particolarmente amati, per salvarli nella memoria, e farli suoi. Già nel 1981 alla Galleria d'Arte Moderna di Roma, nell'ambito della mostra collettiva Arte e Critica 1981 a cura di Marisa Volpi Orlandini, l'artista espone una prima forma diaristica: 365 disegni, uno per ogni giorno dell'anno.
Eustachio inizia a fare fotografie quando a sei anni il padre le regala la prima macchina fotografica, da quel momento questa pratica ha convissuto e con la sua attività di pittrice e suoi lavori sono stati pubblicati in diversi giornali e riviste.